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Giustizia Riparativa e Mediazione Penale

Riferimenti normativi:

Il D. lgs. del 10 ottobre 2022, n.150, di attuazione della legge 27 settembre 2021, n. 134, la c.d. “Riforma Cartabia”, introduce non solo una disciplina organica della Giustizia Riparativa, agli artt. 42-67, ma anche disposizioni di coordinamento con la vigente disciplina penale sostanziale e processuale. Due i temi centrali: nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi e ampliamento del novero dei reati procedibili a querela. In particolare, l’art. 1, comma 17, della legge delega 27 settembre 2021, n. 134, di riforma del processo penale modifica profondamente la disciplina della penalità sostanziale, processuale e penitenziaria preesistente.

Cos’è la Giustizia Riparativa e a chi si rivolge:

L’idea di una giustizia della riparazione, nel nostro ordinamento giuridico, appare senza dubbio rivoluzionaria in quanto modello di giustizia fondato essenzialmente sull’ascolto e sul riconoscimento dell’altro che si pone in netta contrapposizione alla tradizionale giustizia punitiva. Eppure, il tempo era ormai maturo per sviluppare e mettere a sistema le esperienze di Giustizia Riparativa, già presenti nell’ordinamento in forma sperimentale e che stavano mostrando esiti fecondi.

La giustizia della riparazione introduce nel sistema una dialettica “tripolare”: non c’è più solo lo Stato che punisce e l’autore del reato che subisce la pena, c’è anche la vittima che è sparita dal processo a causa della tradizione del garantismo, ispirato allo scopo di impedire la vendetta privata e che vede la vittima sostituita e protetta dallo Stato, ma neutralizzata nel processo, spettatrice e spesso vittima due volte. Merito di una giustizia restorative è, dunque, recuperare la vittima e renderla protagonista della possibile riparazione che non si esaurisce nel mero risarcimento economico.

La scelta italiana, a fronte delle più autorevoli fonti europee e internazionali (la Risoluzione ONU 12/2002, la Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2018 e la Direttiva vittime UE 29/2012, queste due ultime richiamate nella stessa legge delega)  che da tempo hanno stabilito principi di riferimento comuni e indicazioni concrete per sollecitare gli ordinamenti nazionali a elaborare paradigmi di Giustizia Riparativa, è stata quella di un percorso “parallelo” volto alla ricomposizione del conflitto. Ovvero non una giustizia alternativa alla giustizia tradizionale (con conseguente superamento del paradigma punitivo, con “rinuncia” cioè da parte dello Stato alla pretesa sanzionatoria), e nemmeno un modello di sussidiarietà (la pena cioè si applica solo se non si raggiunge l’esito riparativo), bensì complementare.

Pertanto, il sistema punitivo tradizionale continuerà a costituire il presupposto dei programmi di Giustizia Riparativa e, del resto, l’imprescindibile volontarietà del ricorso ai programmi comporta inevitabilmente che il sistema penale non possa essere soppiantato dal nuovo modello di giustizia, anche perché le esigenze di prevenzione generale e di prevenzione speciale rimangono intatte.

Inoltre, così come previsto da tutte le fonti internazionali, anche il nostro diritto interno, attraverso l’art. 1 comma 18 lett. d della Legge n.134 /2021, inserisce la comunità accanto all’autore e alla vittima tra i protagonisti della Giustizia Riparativa. Si richiede, infatti, che i programmi di Giustizia Riparativa debbano essere rispondenti agli interessi della comunità.

La procedura:

Dal punto di vista normativo, la disciplina organica della Giustizia Riparativa è introdotta dal D.lgs. n. 150/2022 agli artt. dal 42 al 67.

L’intervento legislativo muove innanzitutto da una definizione di «Giustizia Riparativa», da intendersi per: “ogni programma che consente alla vittima del reato, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore” (art. 42, co. 1, lett. a).

L’esito riparativo è invece individuato in “qualunque accordo, risultante dal programma di giustizia riparativa, volto alla riparazione dell’offesa e idoneo a rappresentare l’avvenuto riconoscimento reciproco e la possibilità di ricostruire la relazione tra i partecipanti” (art. 42, co. 1, lett. e).

Il legislatore ha poi provveduto a raccordare la neo-introdotta disciplina con le disposizioni del Codice penale e del Codice di Procedura Penale. A tal proposito per il primo si segnalano, in particolare:                                                                    

  • L’introduzione all’art. 62, co. 1, n. 6), c.p. della previsione secondo la quale rientra tra le circostanze attenuanti comuni anche «l’avere partecipato a un programma di giustizia riparativa con la vittima del reato, concluso con un esito riparativo. Qualora l’esito riparativo comporti l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la circostanza è valutata solo quando gli impegni sono stati rispettati» (art. 1).
  • La previsione che vi sia remissione tacita della querela anche «quando il querelante ha partecipato a un programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo; nondimeno, quando l’esito riparativo comporta l’assunzione da parte dell’imputato di impegni comportamentali, la querela si intende rimessa solo quando gli impegni sono stati rispettati» (art. 1).
  • L’inserimento della partecipazione a un «programma di giustizia riparativa concluso con un esito riparativo» tra i presupposti applicativi della sospensione condizionale della pena c.d. «breve» o «speciale» di cui all’art. 163, co. 4, c.p. (art. 1).

Per il Codice di procedura penale si segnalano, in particolare:

  • L’inserimento del riferimento alla «facoltà di accedere ai programmi di giustizia riparativa» nelle diverse disposizioni che disciplinano i diritti informativi dell’indagato/imputato e della persona offesa;
  • L’introduzione dell’art. 129-bis c.p.p., secondo il quale in ogni stato e grado del procedimento l’autorità Giudiziaria può disporre anche d’ufficio l’invio dell’imputato e della vittima del reato al Centro per la Giustizia Riparativa, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa (mentre nel corso delle indagini provvede il P.M.); all’art. 129-bis c.p.p. si prevede, inoltre, che in seguito all’emissione dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, per i reati procedibili a querela rimettibile, l’indagato/imputato possa richiedere la sospensione del procedimento per lo svolgimento di un programma di giustizia riparativa (art. 7).
  • La previsione che anche lo svolgimento di programmi di giustizia riparativa rientri, all’art. 464-bis c.p.p., tra i contenuti del programma di trattamento da allegare alla richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.

Il Mediatore penale:

È un professionista:

  • che ha conseguito una Laurea in materie umanistiche (filosofia, lettere, giurisprudenza, sociologia, psicologia, scienze dell’educazione);
  • che è in possesso di una formazione certificata nell’ambito della Giustizia Riparativa;
  • che ha maturato un’esperienza almeno biennale nell’ambito della Giustizia Riparativa o che è inserito in un elenco di mediatori esperti in Giustizia Riparativa tenuto dal Ministero della Giustizia.

In particolare, per acquisire il titolo di Mediatore Penale sono necessari una prova di ammissione iniziale, una formazione teorica iniziale, una formazione pratica iniziale, un tirocinio curricolare e il superamento di una prova finale. Le materie e le modalità di erogazione dei corsi sono disciplinati dal DECRETO 9 giugno 2023.

La prova di ammissione è organizzata dalle università e dai centri per la giustizia riparativa in collaborazione. Sovrintendono congiuntamente almeno due rappresentanti dell’università e un mediatore esperto formatore e la prova si conclude con l’espressione del giudizio di ammissione o non ammissione alla formazione teorica iniziale.

La formazione teorica iniziale è assicurata dalle università e si articola in un corso, di durata complessiva non inferiore a centosessanta ore effettive. In aggiunta, possono essere organizzati seminari, destinati a partecipanti la cui formazione accademica di partenza possa richiedere una integrazione specialistica.

La formazione pratica iniziale è assicurata dai centri tramite i mediatori esperti formatori e il modulo formativo ha durata complessiva non inferiore a trecentoventi ore effettive.

Il tirocinio curriculare è assicurato dai centri, tramite i mediatori esperti. Il tirocinio ha durata complessiva pari a duecento ore effettive e comprende l’affiancamento nella conduzione di almeno dieci programmi.

La prova finale è organizzata dalle università e dai centri in collaborazione. La prova finale di valutazione del percorso formativo si articola in una prova teorica della durata complessiva non inferiore a quattro ore e una prova pratica della durata complessiva non inferiore a sei ore.

Al fine del mantenimento dell’iscrizione nell’elenco dei mediatori esperti in Giustizia Riparativa tenuto dal Ministero della Giustizia è necessario frequentare un corso di aggiornamento annuale di almeno sessanta ore effettive assicurato dalle università e dai centri, in collaborazione paritetica tra loro, tramite corsi annuali istituiti presso le università.

I Soci EIMI:

Nel rispetto dello Statuto, del Codice Etico e di Condotta e dei Regolamenti di EIMI, i Professionisti curano costantemente la propria formazione e arricchiscono le proprie competenze.

EIMI stabilisce i criteri essenziali per l’esercizio della qualifica professionale, nonché verifica il corretto e qualificato esercizio della prestazione professionale. A tal scopo, organizza, promuove e favorisce le iniziative di istruzione, formazione e perfezionamento professionale anche attraverso momenti di scambio, arricchimento e confronto a livello nazionale e internazionale, ricorrendo altresì all’ausilio di altri Enti di Formazione, Istituti, Ordini e Collegi Professionali, Università, Associazioni, Fondazioni, Aziende Private e Pubbliche, Scuole, Istituti e/o contributi locali, regionali, statali, comunitari, nel rispetto delle normative di settore.

EIMI vigila sulla condotta professionale dei propri soci stabilendo sanzioni disciplinari ad essi irrogabili per violazioni al codice etico e/o deontologico nel rispetto di quanto previsto dal Codice del Consumo, nonché secondo la normativa di settore.

Altresì, EIMI verifica i requisiti di onorabilità, imparzialità, indipendenza e per l’esercizio della professione di tutti i soci e gli associati al fine dell’esercizio della professione.

A garanzia e tutela dell’Utente, EIMI ha attivato uno sportello di riferimento per il cittadino consumatore, presso il quale i committenti delle prestazioni professionali possano rivolgersi in caso di contenzioso con i singoli professionisti, ai sensi del Codice del Consumo, nonché per ottenere informazioni relative all’attività professionale in generale e agli standard qualitativi richiesti agli iscritti.